Il Principe,
secondo la leggenda, aveva intrecciato una relazione amorosa con una bellissima fanciulla,
figlia di povera gente, che abitava in prossimità del Castello. La Principessa,
conosciuto ciò, la fece rapire e rinchiudere in un sotterraneo del Castello, affinché la
cospargessero di miele e le api la divorassero. Poco tempo dopo, però, sinceramente
pentita, si recò in udienza dal Papa per chiedere l'assoluzione.
Il Pontefice, non gliela negò, ma la obbligò a portare al paese il corpo di uno
dei Santi Martiri tumulati in Vaticano. La scelta cadde su San Vincenzo.
All'arrivo del Santo (probabilmente nella seconda metà del 1701) tutta la
cittadina rimase stupita per lo splendore dell'urna riccamente adornata con intagli e
ghirlande scolpite nel legno dorato.
Il Sacro Corpo era, riccamente
vestito, adagiato su un fianco con la mano destra sotto la guancia e la sinistra distesa
ad abbracciare una palma, simbolo del martirio. Nell'urna c'erano anche
l'elmo e la spada con l'impugnatura d'argento cesellato.
San Vincenzo in base alla leggenda tramandata di generazione in generazione è
stato sempre creduto un Martire Crociato.
Nel 1992, il Parroco di Acate, Don Rosario Di Martino, dopo unaccurata e
difficile ricerca, effettuata presso alcuni archivi, ha fatto finalmente chiarezza
sullidentità del Santo, affermando che le spoglie venerate ad Acate, con molta
probabilità, appartengono al diacono
spagnolo Vincenzo di Saragozza. |