"Biscari", oggi Acate, così denominata dal 1938
si estende su un piano che si affaccia sulla grande vallata del fiume Dirillo.
Ebbe origine da uno stanziamento sorto durante la colonizzazione greca
in contrada "Canale", che costituisce la zona dove sorse
fino a tutto il secolo XV l'antica Biscari.
Le prime notizie certe su Biscari risalgono al 1299. In quell'anno il "Casale Biscari" veniva concesso dal Re Carlo II d'Angiò a Gualtiero Pantaleone, come infatti è riportato dal Registro Angioino del 1299-1300. Con la disfatta degli Angioini e la definitiva conquista della Sicilia da parte degli Aragonesi, il feudo di Biscari passò prima ad Antonio Beneventano e dopo ai nobili Lamia da Lentini, che lo tennero per circa un secolo. Ma nel 1392, essendosi Ruggero Lamia dimostrato avverso al Re Martino, il Feudo di Biscari gli fu tolto e fu assegnato a Giacomo Serra di Siracusa. Nel 1396 alla morte del Serra essendo senza figli, il Feudo fu assegnato a Nicolò Castagna, che nel 1407 lo vendette a Matteo Mazzone, il quale lo vendette a sua volta a Bernardo Cabrera, signore della vasta Contea di Modica. Al Cabrera fu intentata causa dal catanese Antonio De Castellis, che reclamava il Feudo in suo diritto, essendo figlio di Costanzo Lamia; lo ottenne e fu investito col titolo di Barone il 13 aprile del 1416.
Nel 1493 comincia per Biscari un periodo di benessere e un discreto sviluppo agricolo, dovuto ad un incremento della popolazione che portò il casale ad assumere la fisionomia di un discreto centro abitato, grazie al Barone Guglielmo Raimondo, che ottenne l'autorizzazione a costruire il castello. A Guglielmo Raimondo successe la moglie Elisabetta Viperano e dopo di lei si successero alla baronia di Biscari molti altri Castello fino a Ferdinando, che nel 1566 fu nominato signore di Biscari, e poiché morì senza figli fu anche l'ultimo dei Castello. Per diritto quindi, la signoria di Biscari passò a Francesco Castellis, a condizione che assumesse le armi e il cognome dei Castello. A lui successe Francesco, il quale morì senza eredi, lasciando la signoria di Biscari al fratello Vincenzo nel 1609, che alla sua morte lasciò come unica erede la figlia Maria la quale fu investita dalla baronia di Biscari il 15 febbraio del 1622. All'età di undici anni fu concluso il suo matrimonio con lo zio Agatino, che in seguito alle nozze divenne barone di Biscari.
Nel 1624 il Feudo passò ad Agatino Paternò Castello , il quale nel 1633 fu nominato primo Principe di Biscari, da Filippo IV Re di Spagna. Agatino Paternò Castello, oltre a modificare il castello, fece costruire:
- l'Abbazia di San Giuseppe (oggi Chiesa di San Vincenzo )
- la Chiesa di Santa Maria del Carmelo
- la Chiesa Madre dedicata a San NicolòNegli anni in cui governò Don Agatino, Biscari diventò una cittadina degna di tutto rispetto; il benessere fu facilitato dalla fertilità del terreno, dovuta in parte all'abbondanza delle acque del fiume Dirillo. Le ricchezze principali furono: le coltivazioni di canapa, frumento, orzo, cereali e perfino riso. La fonte di benessere primaria comunque fu la canapa che venne esportata anche in altri paesi, come l'isola di Malta e la Spagna. Un'altra attività che fece conoscere all'estero il Feudo di Biscari fu l'allevamento del bestiame, tanto da poter vantare una tradizione fieristica di notevole importanza.
Per disposizione testamentaria ad Agatino successe il primogenito Don Vincenzo, il quale sopravvisse di poco alla morte del padre. Continuò quindi a governare per alcuni anni lo Stato di Biscari Donna Maria Paternò, moglie di Don Agatino. Alla sua morte, per suo stesso volere le successe il nipote Ignazio Paternò figlio di Vincenzo.
Nel 1693 durante il principato di Don Ignazio, ci fu un grande terremoto che distrusse gran parte della Sicilia Orientale e mezza città di Catania. Malgrado le dolorose vicissitudini della famiglia, Don Ignazio si prodigò a far ricostruire ciò che era stato distrutto. Alla morte di Don Ignazio Paternò dovette succedergli, ancora quindicenne, il figlio Vincenzo (IV principe). Appoggiato dal nonno materno, Vincenzo non poté sottrarsi dal continuare l'opera del padre nella ricostruzione delle opere pubbliche più importanti, ricostruì il Castello facendo ampliare l'annessa Chiesa e arricchendo il tutto con l'imponente prospetto che si affaccia sulla vasta piazza, oggi chiamata Piazza Libertà.Nel 1737 Vincenzo, essendo molto religioso, fece costruire un Convento per i frati Cappuccini . L'opera fu molto apprezzata dai fedeli; ma durò appena cinquant'anni, a causa della soppressione degli enti religiosi il convento fu abbandonato e rimasto disabitato fino al 1997, data in cui è stato restaurato ed adibito alla Biblioteca Comunale. Un'altra opera importante fatta costruire da Vincenzo Paternò Castello fu il collegio di Maria che ancora oggi ospita le suore del Sacro Cuore .
Durante il principato di Don Vincenzo avvenne un evento destinato ad accrescere la fama di Biscari: la donazione del corpo di San Vincenzo Martire da parte di Papa Clemente XI. Secondo la tradizione popolare essa sarebbe avvenuta in seguito ad un episodio delittuoso, la cui veridicità è certamente discutibile, anche se ci sembra insolito che tale racconto fosse giunto fino a noi, qualora non avesse un fondo di verità, dal momento che vi vengono implicati direttamente il principe Vincenzo Paternò Castello e la Principessa sua consorte Anna Scammacca Bonajuto.
Alla morte di Don Vincenzo successe il figlio Ignazio V principe di Biscari, che oltre alla ricchezza, coltivò anche la cultura e una passione per gli scavi archeologici, tanto che nel 1783 il governo borbonico lo nominò sovrintendente alle antichità di Sicilia per la Val di Demone e la Val di Noto.
Ad Ignazio successe il figlio Vincenzo, VI principe di Biscari che fu l'ultimo a tenere la città, la quale divenne libero comune con l'abolizione della feudalità poco prima del 1824 anno in cui risalgono le prime delibere del Decurionato.
Questo
NON E' il sito ufficiale dell'Amministrazione Comunale di Acate che è
invece si trova all'indirizzo www.comune.acate.rg.it
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